Nelle seguenti righe cercherò di ipotizzare l’avvento di
una (fin dove possibile) nuova concezione critica (in verità umana) da
applicare nei confronti di arti come il Cinema, la Musica o la Letteratura,
nella soave speranza che, un giorno, tali arti possano tornare ad essere
considerate anche in luce di un rinnovato sistema economico che, per tramite di
adeguate legislazioni, ne garantisca il sostentamento e, soprattutto, la diffusione
principalmente nazionale in termini urgentemente qualitativi.
La critica artistica, in particolare quella cinematografica,
musicale e letteraria, non può esimersi dal ruolo pedagogico che per forza di
cose svolge sull’individuo anche e spesso in maniera involontaria. Sua è la
colpa se troppi prodotti detentori di una bassezza contenutistica più che
imbarazzante intasano la mente della stragrande maggioranza degli italiani
medi. Sua è la colpa se queste tre forme d’arte sono state portate al livello
(anch’esso imbarazzante) di un pubblico che non ricerca più, ormai, la reale
consistenza esplicativa e vitale delle opere che non sceglie più di percepire
realmente. Sua è la colpa se festival musicali, letterari e soprattutto
cinematografici offrono ma non innalzano prodotti di vera fattura artistica.
Sua è la colpa se almeno queste tre arti, in Italia, sono ferme al proprio
onanistico passato sempre utilissimo ma ormai sepolto: un passato che chiede
esso stesso, a gran voce, di essere assorbito e, in qualche modo, superato come
dimostrazione di lezione appresa e sviluppata secondo il proprio personale
punto di osservazione.
In un recente articolo, scrivevo così:
«Finché ci si scanna tra plebei si può anche lasciar
passare, volendo. Quando, però, a comportarsi in maniera ben più che grossolana
(e francamente irritante) è una buona parte della critica italiana
professionista e retribuita dai maggiori quotidiani nazionali, vale a dire
coloro che il concetto di Cultura […] dovrebbero difenderlo a morsi e divulgarlo
a più non posso nella maniera più consona possibile, la mente e l’animo
nazionale dei meno monetariamente schierati percepisce quella scintilla che fa
scattare un certo imbarazzo e, in verità, un non facilmente estirpabile velo di
amarezza».
È dunque questa serie di motivi a spingermi ad elencare alcune
operazioni da innestare urgentemente a pilastro portante di una nuova
concezione di critica cinematografica, musicale e letteraria italiana, affinché
si possa realmente tornare a vivere di interesse puro verso arti vere, genuine
e, soprattutto, necessarie a uno sviluppo umano sempre meno legittimato da
comportamenti politici sadici e predisposizioni popolari annoiate.
1. Noi, nuovi critici cinematografici, musicali e letterari
italiani, pretendiamo rispetto per le nostre conoscenze e spazio per esprimerle
in maniera tale da farle giungere, più o meno umanisticamente, a chiunque
voglia assorbirle con curiosità, pazienza, desiderio, intelletto e spirito
critico aperto al dibattito pacifico, coscienzioso e genuinamente incline al
confronto di punti di vista, condizione necessaria affinché si possa giungere a
stipulare accordi o disaccordi ideologici che, più di qualunque altra cosa,
mantengano vivo il dibattito stesso nonché la voglia di esprimere i propri
pensieri, ovvero la capacità stessa di avere ancora delle idee in un’epoca in
cui prevale l’aridità.
2. La sola capacità di confessare se un disco, un film o un
libro è bello o brutto, bianco o nero, chiaro o scuro, X o Y, non basta, non è
minimamente sufficiente a spiegare ciò che davvero si annida in qualunque opera
sempre e comunque, per quanto semplice e diretta essa possa presentarsi agli
occhi del pubblico. Occorre seriamente dire, a chiare lettere e in maniera
concettualmente ben strutturata (non solo sulle riviste di settore), perché
un’opera è X o Y, perché e in che modo quel prodotto è bello o brutto: il
tutto, non solo ed esclusivamente derivando il giudizio dal semplice gusto o
non-gusto personale, bensì dalla fondamentale strutturazione di considerazioni
tecniche, argomentative, logiche o anche illogiche che generano l’opera passata
in rassegna. Pertanto, pretendiamo che vengano eliminati da ogni quotidiano e da
ogni rivista i tantissimi trafiletti di poche battute dediti a dire (non spiegare)
qualcosa su un disco, un libro o un film relegando l’ipotetica (e mai
effettiva) comprensione qualitativa del prodotto a un semplice voto o a una
sciocca sequenza di “stellette”. Voti o stellette sono utilissimi, certo, ma
solo se situati alla fine di un discorso logico e adeguatamente sviluppato.
3. Siamo più che consapevoli del fatto che la rete, internet
e le tecnologie attuali, se adeguatamente utilizzate, sono enormemente indispensabili
per far fronte a quel tumore malefico che coincide col vizio di casta
riguardante il comune accordo di pennaioli stipendiati e scritturati da
quotidiani e riviste “istituzionali”, riuniti in insiemi di conoscenze
interpersonali anche molto discutibili e, perciò, dediti periodicamente a
scrivere frivolezze e sciatterie prive, molto spesso, di qualunque fondamento
analitico filmologico, musicologico o linguistico-concettuale che detenga un
minimo di coraggio nello stroncare qualcosa di “popolare” se qualitativamente
affossabile, così come sottolineare l’importanza di ignoti meritevoli.
4. Troppo spesso le sale dei festival o adibite ad anteprime
stampa cinematografiche sono frequentate anche da insopportabili personaggi (spesso
identificati come firme di quotidiani nazionali) che, se non gradiscono il
film, pur di non andare via, non fanno altro che disturbare il prossimo
tossendo volontariamente, commentando cinicamente a voce alta e di fatto
impedendo la corretta visione del film stesso (pregiudicando anche la
credibilità del brano critico che andranno a scrivere, vista la mancanza di
attitudine al solo lasciar finire un film) e, soprattutto mancando di rispetto
nei confronti di chiunque altro voglia arrivare indisturbato al termine della
proiezione. Chiediamo, dunque, a grandissima voce, che gli “operatori di sala” non
si limitino, nei casi delle anteprime o dei festival, soltanto a disturbare i
critici con fastidiose supposizioni anti-pirateria, ma che si adoperino
adeguatamente per cacciare letteralmente a calci nel sedere queste persone (ben
più nocive) fuori dalla sala.
5. Troppo spesso vengono spesi giudizi fin troppo luminosi
nei confronti di dischi e libri provenienti da autori nazionali di
discutibilissima caratura, mentre (non per forza) giovani talenti (non sempre) emergenti vengono
continuamente ignorati preferendo elogiare (spesso a torto) sempre i soliti
noti, considerandoli come unici esportatori di “italianità” all’estero. Tutto
questo nuoce gravemente alla salute dello stato dell’arte nel nostro paese,
condizione ormai statica, retrograda e assolutamente inaccettabile. Ci chiediamo
il motivo di centinaia di scelte simili. Rispondiamo a noi stessi con la
supposizione del termine “mecenatismo”, dal quale ci discostiamo apertamente e
dal quale vorremmo che si discostassero anche molte testate giornalistiche note.
6. La storia dell’evoluzione di ogni forma d’arte, in
particolar modo contemporanea, insegna che esposizioni e analisi (non soltanto mere
spiegazioni) critiche hanno incentivato l’interesse nei confronti di movimenti,
più o meno avanguardistici, volti all’individuazione delle più disparate ed
eterogenee intuizioni creative. Ciò che la maggior parte della critica
cinematografica, musicale e letteraria di oggi sa (e vuole…o deve!) fare non
consiste in nient’altro se non nella continua, insensata, banale, stupida e
ignorante smania di eterno recupero di un passato che ha già espresso le sue
potenzialità diversi decenni orsono. Il che, al di là di citazionismi naturalmente
utilissimi se ricontestualizzati a dovere, non offre alcun senso nel continuo
recupero totale di opere d’arte già confezionate e conosciute alla perfezione
nelle epoche precedenti. Per continuare a vivere di idee occorre che queste
idee, in qualche modo, adesso, qui e ora, nascano. Conoscere il passato (nel
nostro caso in ambito artistico ma non sarebbe il solo) è più che necessario,
anzi vitale, ma il riferirvisi in maniera perenne e totale può solo essere
sinonimo di masturbazione. Il ruolo della critica, dunque, è fondamentale in
luce del suo potere universale di guidare gli utenti di ogni forma d’arte verso
la maturazione, l’abitudine e la successiva comprensione di linguaggi nuovi,
possibili, derivanti da forme passate ma direzionati a rinnovarle con sempre
nuove modalità espressive, tanto per incremento quanto per sottrazione ermetica
di forma e/o contenuto. Se la critica italiana continua a desiderare solo ed
esclusivamente questo o quel Fellini, questo o quel Rossellini e via dicendo, paragonandovi
il mondo intero e implicando anche in scelte ministeriali la mancanza di
finanziamenti a film di fattura linguisticamente ben più modernista, una via potenzialmente
nuova è impossibile da tracciare.
7. La critica relativa a qualunque forma d’arte, allora, a
partire da questo preciso istante, non deve più essere assolutamente al mero e
imbarazzante servizio del pubblico medio (destinatario principale del messaggio
o del senso che una qualunque opera di qualunque arte non dovrà mai più
esimersi dal contenere) abbassandosi al suo livello di predominante intelletto
infantile laddove una certa sottocultura vuole passare, per forza di cose, per
conoscenza e predisposizione allo sviluppo ideologico. La critica, e con essa
tutto il fattore produttivo dell’arte a cui fa riferimento (case discografiche,
produzioni cinematografiche e case editrici, con annesse società di distribuzione),
deve necessariamente, invece, prendere per mano l’individuo medio e condurlo
verso la paziente, duratura ma necessaria comprensione di nuovi linguaggi,
affinché entrambi possano crescere insieme e maturare una nuova concezione sia
pratica (nel senso legislativo e produttivamente economista) che spirituale
della materia in questione.
8. Per farlo, però, naturalmente, la critica deve essere
consapevole di tali linguaggi e, pertanto, capace di tramandarli, seppur in
maniera autodidatta fin dove possibile. Anche a tale scopo, pretendiamo
l’immediata introduzione settimanale di almeno due ore di insegnamento
scolastico (in particolar modo liceale) in qualunque istituto, sia esso
tecnico, scientifico o classicamente formativo, di materie attinenti alla
storia e al linguaggio musicale e cinematografico, con parallelo potenziamento
concettuale delle ormai insufficienti lezioni relative a Letteratura (italiana
e internazionale), Storia e Geografia. Non è pensabile maturare una nuova e
duratura consapevolezza artistica se non se ne recepisce un minimo linguaggio
basilare fin dalla giovane età, linguaggio ampliabile e affinabile, poi, a
livello accademico ma, proprio sulla base pedagogica, anche da un punto di
vista autodidatta.
9. Noi, nuovi critici cinematografici, musicali e letterari
italiani, pretendiamo di non essere disturbati quando ci riforniamo di
materiale tramite download gratuito. Spesso, principalmente in ambito musicale,
ne facciamo uso per approfondire, conoscere e studiare l’essenza di quello che
dovrebbe essere il nostro lavoro (sempre più difficilmente retribuito e
riconosciuto come lavoro) non avendo disponibilità economiche sufficienti in
tasca (non sempre e per forza per colpa nostra, dunque) ma mantenendo tanta e
tanta fame di conoscenza e ampliamento cognitivo personale da mettere al
servizio del prossimo. Soprattutto nell’ambito musicale (ma anche
cinematografico, per certi versi), davvero nessuno di noi riceve più il disco
materialmente. Siamo continuamente bombardati da messaggi di posta elettronica
che ci chiedono di prendere in considerazione e valutare prodotti di artisti,
anche (e spesso) non emergenti, attraverso il download delle loro opere,
intimandoci, poi, di non divulgare il link con password per non diffondere il
prodotto in maniera “inappropriata”. In questo modo, però, abbiamo
effettivamente compreso la reale provenienza di moltissime delle produzioni
soprattutto musicali rintracciabili in maniera gratuita su una miriade di siti
internet. Morale della favola: che non si distrugga mai più la nostra anima di
divoratori e diffusori d’arte. Che ci si lasci in pace o, altrimenti, che si riprenda
o si cominci a spedire il prodotto finito per una adeguata valutazione
analitica (pratica ormai relegata ai soli artisti “manager di se stessi” che sono
costretti ad inviare le loro opere di tasca propria).
10. Noi, nuovi critici cinematografici, musicali e letterari
italiani, pretendiamo l’immediato e giusto processo per qualunque testata
giornalistica, cartacea o web, piccola o grande, più o meno specializzata, che osi
non retribuire neanche di mezzo centesimo i propri articolisti. La divulgazione
culturale, solo ed esclusivamente se intesa secondo quanto espresso fin qui, è
un lavoro a tutti gli effetti. Un lavoro spesso molto più importante di alcuni
altri. Non una perdita di tempo. Non sinonimo di ozio e nullafacenza. Bensì una
vera e propria ragione di vita in funzione del comune bene per l’intelletto
umano, per il suo gusto e la sua capacità (ancora, ora e per sempre) di
comprendere e maturare idee.
Stefano Gallone
Domenica 19 gennaio 2014
Ore 17:40