Alcuni giornali di ieri, in minuscoli e quasi invisibili trafiletti, citavano “si celebra oggi il Record store day, iniziativa per salvare i luoghi in cui si vendono ancora i vinili”, o qualcosa di simile. Una sola cosa mi domando: bisognava arrivare a questo punto? Teoricamente, questa giornata dovrebbe consistere anche in un finto recupero di pazienza, da parte dei negozianti italiani (passati da 3000 a 600 negli ultimi quattro o cinque anni), al fine di un loro rinnovato approccio con la clientela, già di per sé ridotta all'osso. Il pretesto, tra l'altro, è anche il recupero del vinile.
Da dove comincio ad incazzarmi?
Prima di tutto, non si sarebbe dovuti arrivare alla commemorazione della capacità perduta, da parte del negoziante, di starsene tranquillamente a disposizione del cliente/amico, dietro il bancone, cercando di proporgli le novità del momento o dischi particolari e poco conosciuti su cui discutere civilmente, allo scopo di maturare una conoscenza magari (e soprattutto) fuori dal proprio ambito culturale. Il tutto in piena sincerità e disponibilità. Sono tutte caratteristiche, queste, che hanno contraddistinto i più amati negozi di dischi per decenni (seppur condannandoli alla chiusura definitiva) e che tuttora non sono concepibili nell'etica metropolitana del megastore, dove uno entra, gira tra gli scaffali senza nemmeno sapere un cazzo su tutto ciò che lo circonda e viene sommerso da prezzi lunatici che solo un folle miliardario potrebbe permettersi (ma nemmeno: i miliardari vanno dietro agli iPod e alle cazzate digitali da fighetti e rottinculofiglidipapà)...senza parlare di quando, poi, si arriva alla cassa e si trova un povero cristo che di voglia di proporti un disco particolare ne ha davvero molto ma molto poca.
In secondo luogo, il recupero del vinile è quanto di più stronzo sia uscito dai cervelli minorati delle case discografiche e, soprattutto, dei megastore metropolitani, secondo i quali un ragazzo di sedici o diciassette anni sarebbe anche in grado di spendere 25 euro (50000 lire!) per una ristampa da quattro soldi. Il bello è che poi, dentro la ristampaccia, trovi pure un pezzo di carta igienica con su scritto un sito internet e un codice per scaricare il disco in digitale (quasi a prenderti per il culo, proprio). A questo aggiungi il fatto che, magari, devi anche comprarti un giradischi per ascoltarlo, il vinile...e lì sono altre bastonate da centinaia e centinaia di euro (ora si sono inventati anche il giradischi che ti trasforma il vinile in mp3 in tempo reale...ma per favore...). E poi ci si lamenta della carenza di cultura musicale e dell'abuso di download gratuiti, molti dei quali scaricati e tenuti a fare la muffa in un computer per anni e anni senza nemmeno aver dato una botta a mezzo secondo della musica che contiene, qualunque essa sia. Vaffanculo: viva le mostre-mercato del vinile, del vero vinile! E viva la gente come noi che il vinile, quello vero, continua a cercarlo forsennatamente anche in culo al mondo. E viva tutti quelli che, come noi, scaricano un disco per vedere se è buono o fa cagare e, se è buono, aspettano che esca in vinile per comprarlo: almeno quello non te lo tirano dietro a cinque euro dopo un paio di mesi.
Da dove comincio ad incazzarmi?
Prima di tutto, non si sarebbe dovuti arrivare alla commemorazione della capacità perduta, da parte del negoziante, di starsene tranquillamente a disposizione del cliente/amico, dietro il bancone, cercando di proporgli le novità del momento o dischi particolari e poco conosciuti su cui discutere civilmente, allo scopo di maturare una conoscenza magari (e soprattutto) fuori dal proprio ambito culturale. Il tutto in piena sincerità e disponibilità. Sono tutte caratteristiche, queste, che hanno contraddistinto i più amati negozi di dischi per decenni (seppur condannandoli alla chiusura definitiva) e che tuttora non sono concepibili nell'etica metropolitana del megastore, dove uno entra, gira tra gli scaffali senza nemmeno sapere un cazzo su tutto ciò che lo circonda e viene sommerso da prezzi lunatici che solo un folle miliardario potrebbe permettersi (ma nemmeno: i miliardari vanno dietro agli iPod e alle cazzate digitali da fighetti e rottinculofiglidipapà)...senza parlare di quando, poi, si arriva alla cassa e si trova un povero cristo che di voglia di proporti un disco particolare ne ha davvero molto ma molto poca.
In secondo luogo, il recupero del vinile è quanto di più stronzo sia uscito dai cervelli minorati delle case discografiche e, soprattutto, dei megastore metropolitani, secondo i quali un ragazzo di sedici o diciassette anni sarebbe anche in grado di spendere 25 euro (50000 lire!) per una ristampa da quattro soldi. Il bello è che poi, dentro la ristampaccia, trovi pure un pezzo di carta igienica con su scritto un sito internet e un codice per scaricare il disco in digitale (quasi a prenderti per il culo, proprio). A questo aggiungi il fatto che, magari, devi anche comprarti un giradischi per ascoltarlo, il vinile...e lì sono altre bastonate da centinaia e centinaia di euro (ora si sono inventati anche il giradischi che ti trasforma il vinile in mp3 in tempo reale...ma per favore...). E poi ci si lamenta della carenza di cultura musicale e dell'abuso di download gratuiti, molti dei quali scaricati e tenuti a fare la muffa in un computer per anni e anni senza nemmeno aver dato una botta a mezzo secondo della musica che contiene, qualunque essa sia. Vaffanculo: viva le mostre-mercato del vinile, del vero vinile! E viva la gente come noi che il vinile, quello vero, continua a cercarlo forsennatamente anche in culo al mondo. E viva tutti quelli che, come noi, scaricano un disco per vedere se è buono o fa cagare e, se è buono, aspettano che esca in vinile per comprarlo: almeno quello non te lo tirano dietro a cinque euro dopo un paio di mesi.
come sei fico. un vero aristofreak.
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