Qualche sera fa è andato in onda, su Raidue, il bellissimo film di Florian Henckel von Donnersmarck dal titolo Le vite degli altri. Davvero uno dei migliori film in assoluto usciti nel corso di questi ultimi dieci anni, non a caso premio Oscar come miglior film straniero.
Si tratta di una storia incentrata nel periodo della Ddr, precisamente ambientata nella Berlino Est controllata a tappeto dall'autorità della Stasi. La narrazione ha come protagonista proprio un capitano della Stasi che, nel corso della sua attività di rigoroso controllo nei confronti di uno scrittore ritenuto potenzialmente sovversivo, si convince sempre più della necessità umana di libero pensiero e libera espressione, fino a rendersi complice del salvataggio in estremis di colui che avrebbe dovuto, invece, essere vittima del controllo serrato senza troppe difficoltà. L'uomo si immedesima nei panni del'intercettato e depista le indagini essendo sempre più coinvolto in un processo di consapevole redenzione dall'assurdità del sistema, specie se operante in un territorio che di autoritarismi ne avrebbe volentieri potuto fare a meno a partire dal secondo dopoguerra. Finirà ovviamente declassato e solo, ma degno di un preponderante risveglio morale.
Tutto questo proprio nel bel mezzo della situazione prostituzionale che stiamo vivendo. E allora fermi tutti: non è un caso se stamattina Repubblica titola (riassumendo l'ultimo espatrio di fiato dalla bocca di Berlusconi) Un golpe, io spiato come nella Ddr.
Ovviamente si preferisce Le vite degli altri a Il caimano (scartato da ogni programmazione pubblica) per ovvie ragioni: meglio la possibilità di ribaltare a proprio favore un'opera cinematografica che per nulla c'entra con il diretto interesse della nostra situazione attuale (il film è, tra l'altro del 2006) e che di tutto parla tranne che di un presidente del consiglio massacrato da intercettazioni e giudici comunisti. Di comunismo si parla, si, ma solo in qualità di fattore storico per una nazione intera, la Germania per l'appunto, che or ora sta uscendo da un intero secolo di totalitarismi intolleranti e intollerabili.
Se qualcuno, per uno strano scherzo della vita tradotto in termini di rara volontà, gettasse un occhio al cosiddetto "Nuovo Cinema Tedesco" di Reiner Werner Fassbinder e dei primi Werner Herzog e Wim Wenders (meglio se soffermandosi sulla seconda metà degli anni '70), a cui von Donnersmarck evidentemente si rifà, scoprirà che il tema portante è proprio il senso di disagio e di smarrimento del soggetto nel marasma collettivo legato alle psicosi da manie di vittimismo. L'ossessione lacerante del Fassbinder di La terza generazione o del suo episodio per il terrificante (ma fondamentale a scopi di comprensione) Germania in autunno, potrà facilmente indurre l'occhio e l'animo attento dell'osservatore ad una facile comprensione dell'attuale inarrestabile produzione di film con simili argomenti portanti alla base. In quell'episodio, Fassbinder interpreta se stesso in una condizione di clausura interiore che inevitabilmente si riversa sulla condizione fisica: si barrica in casa, è sovrappensiero, non riesce a lavorare, litiga con il compagno (poiché omosessuale) e con la madre per motivi futili fino a maltrattare entrambi. Il tutto scaturito dal puro terrore per un plausibile ritorno di un certo ramo terroristico che si credeva estinto nella Germania post nazista.
Niente a che vedere, allora, con le mestruali ed inesistenti manie di persecuzione del nostro sgraditissimo premier, il quale (poiché vecchio stronzo rincoglionito si, ma fesso non è) pensa bene di incrementare la dose di fandonie francamente deprimenti e quantomeno ridicole più del dovuto puntando sulle solite bagattelle da bambino viziato, addirittura in senso subliminale (in questi termini, i vertici Rai gli hanno sempre dato una mano): comunismo come male assoluto, terrore per il fantasma della cospirazione annidata in cimici dietro le pareti, nemico rosso da neutralizzare. Peccato che l'unica cosa quasi rossa adiacente alla sua presenza sia stato l'interno dell'organo genitale femminile. Un film sulla negatività della Stasi, allora, meglio ancora se non precisamente in programma preventivo, capite bene che ci sta tutto. Non vi pare?
Occhio gente. Occhio anche a queste volpinate.
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