Cammino a passo spedito, senza farmi troppe domande sulla direzione intrapresa né sul tempo che mi ci vorrà per arrivare non so nemmeno io dove.
Cammino per le zone più belle della città a testa bassa: non sento di meritare, almeno per il momento, lo sguardo sontuoso di una pietra imponente, millenaria, inamovibile. Anzi, invidio la sua freddezza, il suo resistere duraturo alle inevitabili erosioni degli agenti atmosferici, del tempo che scorre via così veloce ed inafferrabile. Spingo gli occhi, per un secondo, verso la sua solida base…prendo coscienza della potenza del suo attaccamento alla superficie…sospiro…calo di nuovo lo sguardo e accelero il passo…mi scontro leggermente con un turista, chiedo scusa in una lingua a caso…proseguo…
Per un paio di giorni ho dovuto fare a meno dei miei occhiali, causa microfrattura della montatura: 20 euro e due giorni di attesa per una saldatura da cinque secondi e “a rivederci e grazie”. Ma non conta. Spenderei tutta l’anima e mi indebiterei col peggior cravattaro del pianeta pur di vederci chiaro su un futuro a cui credo, a questo punto, di non essere tanto simpatico se ancora non vuole farmi un fischio e regalarmi un cenno di intesa indicandomi una qualunque direzione. Non ci ho visto bene e continuo a non vederci bene praticamente in ogni senso. Il pensiero mi strappa un sorriso ironico…
È una croce che devo abbracciare per forza di cose perché, tutto sommato, davvero non saprei cosa fare altrimenti. Le mie abilità sono limitate o comunque (per prestare giusta fede alla saggezza di chi mi mantiene vivo e sveglio nella considerazione delle mie opportunità) ristrette ai pochi campi in cui credo di saper giocare una fetta del mio ruolo e di poter esprimere il senso che personalmente credo / spero di aver dato ai giorni vissuti fino a questo preciso istante. Tutti, davvero tutti, sono al mio fianco…ognuno a modo suo, è chiaro. Il problema è che nemmeno io so cosa mi succede. Mi fanno notare tutte le mie debolezze e tutti i miei metodi di autodifesa, anche solo allo scopo di ricordarmi, giustamente, che ho ancora una marea di tempo davanti a me e chissà quante possibilità da vivere, chissà quante carte da giocare. Io, però, questo tempo lo sento scorrere davvero troppo rapidamente, un po’ come della sabbia in un pugno apparentemente chiuso. Il ricordo di due giocolieri sulle strisce pedonali del viale alle spalle del Policlinico, mentre il semaforo è rosso, mi intenerisce e mi fa considerare come, forse, si sia trattata della prima volta, in cinque anni, in cui non ho assistito ad un abuso di personalità da parte di un automobilista. È bastato poco.
Eddie, Mike, Stone, Jeff e, ora, Matt mi hanno sempre tenuto compagnia da tredici anni a questa parte, senza mai tradirmi una sola volta, senza mai scaraventarmi sotto gli occhi problemi ed incertezze, preferendo, semmai, farmi luce su determinate questioni troppo gravi per passare inosservate o scegliendo la via della solitudine come incentivo all’immedesimazione in una vita forzatamente di gruppo. Mi hanno cresciuto. Immaginariamente avrebbero potuto svezzarmi, senza troppo considerare i risultati finali. Sono i miei padri. E continuerò a seguire in eterno i loro consigli sempre più maturi, sempre più profondi, sempre più intimi e quanto mai condivisibili da questa testa dura che proprio non ne vuole sapere di trovarsi un lavoro e provare a vivere come ogni comune mortale che si rispetti.
Cammino per le zone più belle della città a testa bassa: non sento di meritare, almeno per il momento, lo sguardo sontuoso di una pietra imponente, millenaria, inamovibile. Anzi, invidio la sua freddezza, il suo resistere duraturo alle inevitabili erosioni degli agenti atmosferici, del tempo che scorre via così veloce ed inafferrabile. Spingo gli occhi, per un secondo, verso la sua solida base…prendo coscienza della potenza del suo attaccamento alla superficie…sospiro…calo di nuovo lo sguardo e accelero il passo…mi scontro leggermente con un turista, chiedo scusa in una lingua a caso…proseguo…
Per un paio di giorni ho dovuto fare a meno dei miei occhiali, causa microfrattura della montatura: 20 euro e due giorni di attesa per una saldatura da cinque secondi e “a rivederci e grazie”. Ma non conta. Spenderei tutta l’anima e mi indebiterei col peggior cravattaro del pianeta pur di vederci chiaro su un futuro a cui credo, a questo punto, di non essere tanto simpatico se ancora non vuole farmi un fischio e regalarmi un cenno di intesa indicandomi una qualunque direzione. Non ci ho visto bene e continuo a non vederci bene praticamente in ogni senso. Il pensiero mi strappa un sorriso ironico…
È una croce che devo abbracciare per forza di cose perché, tutto sommato, davvero non saprei cosa fare altrimenti. Le mie abilità sono limitate o comunque (per prestare giusta fede alla saggezza di chi mi mantiene vivo e sveglio nella considerazione delle mie opportunità) ristrette ai pochi campi in cui credo di saper giocare una fetta del mio ruolo e di poter esprimere il senso che personalmente credo / spero di aver dato ai giorni vissuti fino a questo preciso istante. Tutti, davvero tutti, sono al mio fianco…ognuno a modo suo, è chiaro. Il problema è che nemmeno io so cosa mi succede. Mi fanno notare tutte le mie debolezze e tutti i miei metodi di autodifesa, anche solo allo scopo di ricordarmi, giustamente, che ho ancora una marea di tempo davanti a me e chissà quante possibilità da vivere, chissà quante carte da giocare. Io, però, questo tempo lo sento scorrere davvero troppo rapidamente, un po’ come della sabbia in un pugno apparentemente chiuso. Il ricordo di due giocolieri sulle strisce pedonali del viale alle spalle del Policlinico, mentre il semaforo è rosso, mi intenerisce e mi fa considerare come, forse, si sia trattata della prima volta, in cinque anni, in cui non ho assistito ad un abuso di personalità da parte di un automobilista. È bastato poco.
Eddie, Mike, Stone, Jeff e, ora, Matt mi hanno sempre tenuto compagnia da tredici anni a questa parte, senza mai tradirmi una sola volta, senza mai scaraventarmi sotto gli occhi problemi ed incertezze, preferendo, semmai, farmi luce su determinate questioni troppo gravi per passare inosservate o scegliendo la via della solitudine come incentivo all’immedesimazione in una vita forzatamente di gruppo. Mi hanno cresciuto. Immaginariamente avrebbero potuto svezzarmi, senza troppo considerare i risultati finali. Sono i miei padri. E continuerò a seguire in eterno i loro consigli sempre più maturi, sempre più profondi, sempre più intimi e quanto mai condivisibili da questa testa dura che proprio non ne vuole sapere di trovarsi un lavoro e provare a vivere come ogni comune mortale che si rispetti.
Proprio mentre sto scrivendo (ma tu guarda un po’…ho anche la pretesa che qualcuno, prima o poi faccia di queste parole un uso personale…davvero non voglio capire, allora…), non riesco a scacciare via dalla mia mente queste nuove note di rancore, questo nuovo canto di speranza in qualcosa che non si riesce a vedere ma di cui si avverte la strana ed ingombrante presenza.
“What were all those dreams we shared those many years ago?”…forse l’idea di vedere se stessi allo specchio e notare un sincero sorriso di tranquillità impresso a fuoco su un volto dalla barba incolta.
“What were all those plans we made, now left beside the road?”…non ci sono piani solidi e densi di garanzie. Lo si scopre sempre troppo tardi, quando non resta altro che porre rimedio.
“I wanted to grow old. I just want to grow old”…ma fino a che punto si può credere di aver capito qualcosa e di saper mettere in pratica ciò che si crede di aver ricevuto come insegnamento, come avvertimento, come anticipazione, come linea guida. Lo si vuole fare e basta, qualunque cosa sia…purché contribuisca a far scorrere il sangue nelle vene. Non è facile. Affatto.
“I’m just a human being”…e cerco di rimanere tale, a discapito della mia convinzione di non esserlo come dovrei, a volte…
“I will take the blame, but just the same, this is not me, you see, believe, I’m better than this – don’t leave me so close”…ci credo, certo, ci credo…se mi dici che posso essere migliore di quello che credo di essere, allora posso anche convincermi del fatto che ci siano sempre delle seconde possibilità, delle nuove scelte da fare…posso anche convincermi che una medaglia d’argento o di bronzo possa rendermi onore…forse devo convincermi…
“A sickness in my bones”…ma è così difficile, credimi…è tutto così rugoso, pesante…è tutto così né bianco né nero, né gioia né dolore…
“Help me see myself”…perché quando scopri che da solo non otterrai mai niente, anche qui, è sempre troppo tardi…fare tesoro degli elogi così come delle uccisioni morali…una sorta di “meglio ascoltare il rimprovero del sapiente che l’adulazione degli stolti”…ma fino a che punto il sapiente crede di aiutarti…e fino a che punto quello che altri giudicano stolto, anche solo per il suo modo di porsi verso qualunque cosa, non può essere quanto di più necessario si possa sperare di avere al proprio fianco?
“Cause I can no longer tell”…non so più come giustificarmi…non voglio più farlo…
“Lookin up from inside of the bottom of a well, it’s Hell. I yell, but no one hears before. I disappear”…pagherei per uno spiraglio di luce…sarebbe simbolo di certezza, anche minima…ma certezza…consapevolezza…decisione…prospettiva…
“Give me something to echo in my unknown future”…qualsiasi cosa, ti prego…qualsiasi cosa, davvero…mi basterebbe anche soltanto a farmi avere la garanzia della presenza di qualcosa che possa accogliere il mio suono e lasciarlo riecheggiare a suo piacimento…nel vuoto il suono non si propaga…era così?
Ma la fine non è ancora arrivata, questo, almeno, è quasi certo. E poche note, pur dicendomi il contrario, so che lo fanno per tenermi vivo, per lasciare accesa la fiamma del mio desiderio di vivere la mia vita in tranquillità, qualunque essa sia…almeno lo spero.
Una fioca e commossa voce mi ricorda: “è soltanto una canzone…è soltanto una stupida canzone…”
Sei proprio grande.
RispondiEliminaNon è solo una stupida canzone. E' la tua vita.
E io non sono una stupida adulatrice.
Non cambiare mai.
e.
...
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